Sono un datore di lavoro

In conformità all'ordinanza sulla prevenzione degli infortuni (OPI), i datori di lavoro sono tenuti a effettuare una valutazione dei rischi e una valutazione delle attività. La valutazione dei rischi serve a valutare le attività che sono associate a rischi. I datori di lavoro devono inoltre documentare la valutazione dei rischi. Idealmente, la valutazione dei rischi dovrebbe già includere tutti i gruppi di dipendenti particolarmente vulnerabili (giovani, donne in gravidanza).

È vantaggioso prendere in considerazione gli aspetti della protezione della maternità nella valutazione generale dei rischi. Anche prima che una dipendente rimanga incinta, è importante che i datori di lavoro effettuino valutazioni periodiche del rischio e le documentino, se necessario consultando gli specialisti MSSL. Questi vengono interpellati in presenza di un pericolo particolare, come ad esempio un lavoro con rischio di caduta, o se non sono disponibili in azienda le competenze necessarie per garantire la sicurezza sul lavoro e la salute (Direttiva CFSL).

In linea di principio, una lavoratrice incinta è in grado di lavorare, ma è essenziale una protezione speciale del nascituro e della madre, la cui salute non deve essere messa a repentaglio. Per questo motivo, è fondamentale ottenere il maggior numero di informazioni possibili, consultare esperti e coinvolgere le dipendenti interessate.

Lista di controllo SECO «Maternità – Protezione delle lavoratrici»

Tabella sinottica SECO «Protezione della maternità e misure di protezione»

Tabella SECO «Pianificazione del tempo di lavoro e maternità»

In linea di principio, le donne in gravidanza e in allattamento possono essere assunte solo con il loro consenso. Ciò significa che una donna può assentarsi dal lavoro in qualsiasi momento, anche se devono essere rispettate le disposizioni e le condizioni speciali ai sensi dell'art. 35a della legge sul lavoro. Se la lavoratrice esercita questo diritto, il diritto alla retribuzione può essere annullato.

I seguenti scenari sono esenti da questa regola:

•  periodi di allattamento
• assenza dal lavoro legata alla gravidanza e quindi alla malattia (può essere richiesto un certificato medico). 
• assenza dal lavoro in relazione al divieto di svolgere lavori gravosi o pericolosi
• assenza dal lavoro se non è possibile offrire un impiego sostitutivo rispetto al lavoro notturno altrimenti normale

• Se possibile, informate la vostra dipendente dei possibili pericoli sul posto di lavoro prima che rimanga incinta.
• Assicuratevi che la salute della donna incinta o che allatta e quella del bambino non siano compromesse.
• Eseguite una valutazione dei rischi se nella vostra azienda si svolgono lavori pericolosi o gravosi.
• I datori di lavoro che ignorano la protezione speciale delle loro dipendenti possono essere perseguiti penalmente (Legge sul lavoro, art. 59).

Nelle prime otto settimane dopo il parto vige il divieto di lavorare. Dopodiché, fino alla 16a settimana potrà tornare al lavoro solo con il consenso della lavoratrice. Si noti che il diritto all'indennità di maternità decade se la lavoratrice inizia a lavorare prima della fine del congedo di maternità di 14 settimane.

Il datore di lavoro deve garantire la creazione di strutture che favoriscano la compatibilità tra la cura dei figli e il lavoro. Un esempio di tali strutture potrebbe essere l'attuazione di orari di lavoro flessibili.

Occorre inoltre chiarire in anticipo se la lavoratrice desidera continuare ad allattare dopo il congedo di maternità. In tal caso, è necessario offrirle un luogo adatto per sdraiarsi. Il luogo deve essere adatto a sdraiarsi, cioè deve essere possibile per la lavoratrice stare distesa e su un fianco. Tuttavia, non è necessario prevedere un'area separata per sdraiarsi. A condizione che ciò non pregiudichi la possibilità di riposare, è sufficiente prevedere un posto per sdraiarsi nelle sale per le pause, nelle sale comuni, nelle sale ricreative, in stanzini e in altri locali idonei, a condizione che siano adeguatamente separati.

Al termine del congedo di maternità, la lavoratrice può richiedere un incarico giornaliero equivalente e non pericoloso di un massimo di nove ore per un lavoro svolto tra le 20.00 e le 6.00 fino alla 16a settimana dopo il parto. Se ciò non è possibile, il datore di lavoro deve continuare a pagare l'80% del salario precedente. Inoltre, una lavoratrice che allatta ha diritto a ore di lavoro retribuite per l'allattamento fino a un anno.

Nel primo anno di vita del neonato, l'ordinanza 1 concernente la legge sul lavoro (art. 60) stabilisce che i tempi minimi per l'allattamento e il tiraggio del latte materno sono considerati tempo di lavoro retribuito (30 minuti fino a 4 ore di lavoro giornaliero, 60 minuti da 4 a 7 ore di lavoro giornaliero, 90 minuti a partire da 7 ore di lavoro giornaliero). La madre che allatta può anche assentarsi dal lavoro più a lungo per allattare il figlio, ma tutto ciò che supera il tempo previsto dalla legge non viene necessariamente conteggiato come orario di lavoro. Il tempo di allattamento non può essere detratto dai periodi di riposo e di compensazione previsti dalla legge, né dalle ferie. Inoltre, non è consentito detrarlo dal conto degli straordinari.